La casa del futuro sarà “social”. Relazione, benessere e qualità costruttiva

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La casa del futuro sarà “social”. Relazione, benessere e qualità costruttiva

Un convegno sulla casa in cooperativa a Cles esplora il futuro dell’abitare. Che non riguarda solo la costruzione del proprio “nido” familiare, ma anche la relazione tra soci e con la comunità. Spazi adeguati (anche comuni) per migliorare il benessere dell’abitare e del vivere. Grande attenzione alla qualità costruttiva. Bortolotti (CoopCasa): occorre cambiare le regole, 35 mq per vivere in due sono insufficienti.

Le liti di condominio sono una costante nella vita sociale degli italiani tanto da diventarne un tratto caratteriale tipico. Ma un modo diverso di abitare c’è: più “cooperativo”, di relazione con chi ci sta intorno, con l’ambiente e la comunità. Sui nuovi modelli di abitare (e di vivere) si è interrogato ieri un convegno a Cles organizzato dalla cooperativa edilizia Dinamos, cui hanno partecipato esperti di Confcooperative e Libera Università di Bolzano, Euricse e consorzio Coop Casa di Trento.

“Oggi – ha affermato Andrea Grata, segretario generale di Confcooperative di Bolzano – non è più sufficiente pensare a un tetto per le persone, occorre allargare lo sguardo a chi ci sta intorno. Concetti di co-hausing e social-housing cominciano a farsi strada anche da noi. Significa condividere gli spazi e progettare le modalità del vivere assieme. Quando si progetta e costruisce una casa occorre pensare al futuro, ai nuclei familiari che nel tempo possono evolvere. Occorre pensare a quanto impatta sull’ambiente, e quali spazi offre per creare benessere”.

“Il socio che decide di fare una casa in cooperativa è attirato dal risparmio economico e dalla qualità di costruzione, e questi sono forti elementi di motivazione”, afferma Oscar Menapace presidente della cooperativa Dinamos. “Il risparmio c’è e la qualità costruttiva pure, così come la sicurezza di acquistare la casa che si è sognato, senza sorprese. Sulla qualità della costruzione siamo molto rigorosi. Ma il concetto va allargato alla progettazione nel suo insieme. Stiamo costruendo a Cles 18 alloggi su una superficie dove ce ne starebbero 35. È una scelta che ha privilegiato lo stare bene, con adeguati spazi comuni, senza creare affollamenti che possono incidere negativamente sulla qualità della vita delle  persone”.

“Proprio per questo occorre cambiare le regole – aggiunge Roberto Bortolotti, architetto e presidente di Coop Casa – perché una coppia non può vivere con dignità in 35 metri quadrati, che è oggi la superficie minima per legge. Così come una stanza di 8 metri quadri è troppo piccola per un adolescente. Noi, ad esempio, abbiamo abolito da tempo gli angoli cottura, perché la famiglia deve potersi riunire in cucina. Sono scelte progettuali che però incidono sulla vita delle persone”.

Per Flaviano Zandonai di Euricse “la casa incorpora oggi una serie di servizi che fanno parte della qualità della vita. Farsi l’interesse generale anziché solo personale significa chiedersi qual è il proprio modello di vivere”.

Intanto si importano dai paesi anglosassoni modelli di convivenza che altrove hanno avuto successo. Come gli spazi comuni, dove condividere magari la lavatrice condominiale, o un luogo sorvegliato per i bambini del condominio. O magari la badante se ci sono più anziani. “Ma per incentivare a costruire spazi comuni occorre svincolarli da tassazione e limiti di cubatura – afferma Bortolotti – altrimenti sarà sempre molto difficile chiedere alle persone di rinunciare a qualche metro quadro per metterlo a disposizione di tutti”.

“Uno studio della Libera Università di Bolzano – ha affermato la ricercatrice Federica Viganò – mette al centro il benessere dell’abitare. Si sta bene se c’è qualità dell’ambiente fisico. Un altro tema riguarda l’accesso al credito. La casa sta al primo posto per molte famiglie, ma un eccessivo indebitamento può pregiudicare la normale vita sociale. L’investimento per la casa non dovrebbe mai superare il 40% del proprio reddito. È il panorama sociale che sta cambiando, i giovani si spostano di più, bisognerebbe pensare a forme di reversibilità nella scelta dell’abitazione”.

Quello che è emerso dal convegno di Cles è che le cooperative di abitazione sono più che mai vive e organizzate, capaci di guardare al futuro e all’innovazione con occhi nuovi, attente ai cambiamenti della società e disposte a ragionare in termini di servizi complessivi del “buon abitare” che vanno oltre la pura abitazione per abbracciare la qualità della vita nel suo complesso.

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